Luigi Battaglini, "Innamorato della Vita"
Nel suo libro, “Innamorato della vita”, il capitolo conclusivo (intitolato: “Oggi”) traccia un bilancio della sua vita. A conclusione di questa conversazione ascoltiamone alcuni brani: “Siamo agli albori del 1973; sulle mie spalle, un poco più curve, si poggiano ormai con tutto il loro peso cinquantatre anni, dei quali trentaquattro trascorsi su questa sedia a rotelle, nella volontà di Dio… Trovo che la mia esistenza è stata magnifica, come mai avrei pensato, nemmeno nei sogni più rosei della fanciullezza. Se non mi fossi ammalato avrei potuto raggiungere forse la meta che mi ero prefisso: una cattedra in un liceo, una famiglia da amare e magari anche una certa notorietà in campo letterario. Ma sarei rimasto circoscritto in un piccolo ambiente… Oggi invece la mia famiglia è numerosa, nata non da vincoli di sangue, ma da esigenze di spirito: ho una casa grande ed in continua crescita, ho fratelli da curare, ho figli da educare , ho il mondo davanti a me da amare. E mi accorgo che sono stato fortunato e, soprattutto, che molto mi ha amato il Signore, cosicché se alle volte la stanchezza mi sfiora, nel cuore pullula un canto continuo di riconoscenza e d’amore.

Me ne andavo spensierato per i fioriti sentieri del mondo, perso dietro ai miei sogni di giovinetto, senza immaginare che altro m’era riservato; così quando la mano di Dio si fermò su di me e m’immobilizzò, recalcitrai. Ma Egli, piano piano, metodicamente, sciolse uno ad uno i legacci, che mi tenevano avvinto al mondo, mi isolò grado a grado, mi portò a varie esperienze, mi privò degli affetti più cari, e poi attraverso la Mamma Sua mi chiamò al Suo servizio nella terra santa di Lourdes, che per me è diventata la vera anticamera del Paradiso.

E conobbi il vero valore della sofferenza; compresi come nel dolore l’anima si affina ed il cuore si libera dalle pastoie terrene per espandersi in un impeto d’amore che sublima il dolore; compresi che la sofferenza è uno stato di grazia. Ed aprii il cuore ad una diversa contemplazione della vita, e la natura mi divenne sorella, e il passante sconosciuto mi fu fratello da abbracciare e col quale lodare il Signore…

Io sono felice, perché ho sempre trovato amore, ed in compenso ho sempre dato amore. “Fa’ per i malati poveri”, la Voce mi sussurrò venti anni fa. E da vent’anni fedelmente l’ubbidisco…. Ma come ho ubbidito? Non lo so, non sta a me giudicare. Un giorno, quando mi troverò faccia a faccia col Padre mio, che mi ha amato tanto da chiamarmi al Suo servizio, potrò sapere se questo servizio l’ho svolto come avrei dovuto. So solo che ho sofferto, ho avuto crisi, alle volte ho anche dubitato, ma non ho mai lasciato cadere la croce, di cui Egli mi aveva caricato le spalle.

Oggi, alla fine del mio pellegrinaggio terreno, non ho più nulla da chiedere al Signore. La mia malattia è divenuta la ricchezza della mia vita; la mia menomazione il distintivo della mia appartenenza alla grande milizia di cui il capo è il Cristo sofferente; il mio lavoro la tessera, che un giorno potrà darmi l’ingresso nel Regno beato.

Non ho più nulla da chiedergli, nemmeno la guarigione. Magari solo di tenermi sempre disponibile alla Sua Volontà ed in questa di maturarmi, di migliorarmi, di farmi più a fondo comprendere la bellezza del creato, la verità e la profondità del vero amore.

Perché oggi a 53 anni sono ancora innamorato della vita.”(Cfr. ib., pagg. 231-233).