Luigi Battaglini, "Innamorato della Vita"
L’incontro con gli ammalati e la conoscenza delle loro situazioni di degrado e di abbandono hanno spinto Battaglini a pensare ad una casa famiglia per i disabili ed i malati, che sono soli.

Per realizzare questo progetto si trasferisce a Foggia nel 1964, prendendo in fitto un appartamento di 11 vani in via della Repubblica. Le cose non andarono bene: anche qui nuove difficoltà, tanti problemi, con momenti di scoraggiamento. Ma con una forza, che gli veniva dall’amore grande verso la Vergine Maria, egli va avanti. Ormai ha nel cuore questo progetto, che si perfeziona sempre di più col passare del tempo.

Dopo tanti anni di servizio agli ammalati egli ha maturato un nuovo modo di assisterli. “Aiutare un ammalato – egli scrive - non significa … assisterlo e provvedere ai suoi bisogni materiali, ma ‘ricostruirlo” moralmente per far fruttificare i tesori nascosti in lui, per reinserirlo nella società, membro attivo di essa in piena uguaglianza con i sani, fargli acquistare la dignità di essere pensante ed operante nella comunità. Solo agendo in tal modo si può dire di aver amato il fratello sofferente,”. (cfr. ib., pag. 209).

Leggendo un libro (“Let us live = Lasciateci vivere) di un ex tenente dell’aviazione americana, a cui erano state amputate le gambe, trova una sorprendente conferma in quello che egli da tempo stava pensando riguardo al servizio in favore dei malati e dei disabili. Riesce, perciò, a formulare un progetto concreto, grande ed ambizioso in loro favore, secondo il quale bisognava realizzare “la costruzione di un complesso ricettivo-educativo, che accogliesse gli ammalati più abbandonati e li risollevasse ad una vita sana, socialmente impegnata e cristianamente vissuta. Un complesso che avrebbe avuto accanto al gabinetto medico, la Cappella..., la biblioteca, la sala di studio e piccoli laboratori adeguati alle limitate condizioni fisiche degli ospiti. Un complesso dove l’ammalato sarebbe stato assistito fisicamente, rieducato moralmente, ricostruito spiritualmente; dove si sarebbero tenuti corsi di riqualificazione professionale e di cultura, dove l’anima e l’intelligenza, oltre che il corpo, sarebbero stati curati e sviluppati. Una Casa, cioè, una vera casa, dove tutti - assistiti ed assistenti - si sarebbero sentiti fratelli, uniti nella stessa vita di carità e d’amore: la CASA NOSTRA SIGNORA DI LOURDES”.

In questa impostazione c’è una rivoluzione riguardo all’assistenza dei disabili e degli ammalati, che precorre i tempi. Egli guarda soprattutto alla persona dell’ammalato, che va aiutato in quanto tale, in tutte le sue dimensioni, umane, cristiane e sociali. L’ammalato per lui non è un oggetto, una cosa, ma una persona, che deve essere un soggetto attivo, protagonista della sua storia.

Negli anni sessanta le porte della società civile per gli handicappati erano ancora chiuse: c’era molta emarginazione anche nei comportamenti spontanei della gente comune. Per questo Battaglini non solo è un grande testimone dell’amore verso i fratelli ammalati o handicappati, ma in questo campo è stato un pioniere, soprattutto perché egli ha realizzato concretamente questo tipo di assistenza, vivendone lo spirito anche se i mezzi a sua disposizione erano inadeguati.

Anche riguardo al volontariato, che ora è una splendida realtà nella società civile, (pensate: oggi c’è una legislazione dello Stato sul volontariato, cosa impensabile qualche decennio fa!) egli ha precorso i tempi.

Ecco allora, la caratteristica del nostro servizio all’interno dell’UAL: quelli che sono scartati e rifiutati dalla società (purtroppo, spesso, ancora oggi!) sono da noi tenuti in grande considerazione. Anche quando non sono capaci di intendere e di volere essi sono sempre persone, che portano l’impronta di Dio Creatore. Perciò vanno sempre rispettati nella loro dignità eccelsa. Per noi cristiani, poi, essi sono il volto di Cristo sofferente: quello che facciamo ad uno di questi piccoli, lo facciamo a Gesù. E’ questo lo spirito che anima oggi la nostra Associazione.

E, poi, permettetemi un’altra nota. Questi fratelli, che noi chiamiamo “piccoli”, anche quando sono menomati psichicamente, hanno una ricchezza di umanità inimmaginabile: sono capaci di gesti di gratitudine e di attenzione verso coloro che li assistono, che ci lasciano stupiti e ci commuovono anche. Ci sono persone che li amano, come figli, o come fratelli e sorelle, di un amore grande, che costituisce una ricchezza umana, che non ha prezzo. E’ questo che rende felici noi e loro.

Dal punto di vista delle strutture questo progetto nell’UAL oggi solo in parte è stato realizzato. Nella nuova Casa di Foggia, che sarà resa funzionale - ce lo auguriamo - entro quest’anno, si potrà migliorare il servizio, tenendo conto di questo progetto iniziale del Fondatore, e facendo gli opportuni adeguamenti alle nuove esigenze.